Novembre 2024

Il mio primo giorno di lavoro

Il giorno dell'induction

Riprendendo l’articolo del “Come ho iniziato a lavorare”, per chi se lo fosse perso andatelo a leggere, prima di partire per l’interrail avevo accettato di iniziare uno stage in Atos Italia, un’azienda di consulenza che si occupa di servizi IT, con sede principale a Bezons, in Francia. Giusto per darvi un’idea delle dimensioni, Atos ha registrato un fatturato annuo di circa 12 miliardi di euro nel 2020, con ben 110.000 dipendenti operativi in 73 Paesi (e sì, anch’io ero uno di loro).

La mia sede era a Roma Sud, vicino l’EUR, decisamente distante da dove vivevo. Durante tutta la mia esperienza universitaria ho abitato a Piazza Bologna, precisamente a Via Catania 50. Senza calcolare distanze o tempistiche, avevo accettato l’offerta al volo. Spoiler: il tragitto era un viaggio di circa un’ora e un quarto con i mezzi pubblici: metro fino a Laurentina e poi autobus fino all’ufficio.

Quando avevo accettato lo stage, mi avevano informato che il primo mese sarebbe stato dedicato a un’Academy in sede: una sorta di master intensivo, con tanto di attestato finale, per prepararci al lavoro vero e proprio. Questa formazione veniva organizzata a Roma per tutti i partecipanti provenienti da tutta Italia.

Settembre 2022 arriva in fretta e io torno a Roma prima del previsto, salutando in anticipo la mia amata estate calabrese. Il 1° settembre mi presento all’induction. Non sapevo bene cosa aspettarmi: non avevo mai visto la sede e non avevo idea di come sarebbe stata questa esperienza. Sapevo solo che mi aspettava un viaggio lungo per raggiungerla sotto il sole cocente e il caldo di Roma, quindi decido di partire leggero, in maglietta. Poco prima di entrare, però, mi fermo fuori e mi cambio, infilandomi una camicia con qualche spruzzata di profumo, per fare una buona impressione.

Arrivo nella hall e trovo altri cinque partecipanti: tre ragazzi e due ragazze, tutti visibilmente più grandi di me. Appena li vedo, mi sento subito fuori luogo. Continuavo a ripetermi: "Ma io che ci faccio qui? Secondo me si sono sbagliati". Avevo solo 21 anni.

Facendo due chiacchiere, scopro che le due ragazze avevano già due anni di esperienza lavorativa alle spalle, mentre per gli altri ragazzi, proprio come per me, questa era la prima vera esperienza. Nonostante ciò, quella sensazione di essere fuori posto non mi abbandonava. Mi sentivo troppo piccolo, quasi un intruso in mezzo a persone che sembravano già sapere cosa stavano facendo. Ero decisamente fuori dalla mia comfort zone.

Effettivamente, prima o poi tutti iniziano a lavorare, ma la verità è che non mi sentivo davvero pronto per quel momento. Cioè, sai che quando finisci l’università arriva il momento di iniziare a lavorare, è naturale. Ma nel mio caso, non ero mentalmente preparato, avevo decisamente sottovalutato la cosa, non avevo pianificato di cominciare così, il caso mi aveva semplicemente portato lì. La cosa strana è che provavo emozioni contrastanti. Da un lato, ero entusiasta perché era un lavoro perfettamente in linea con quello che avevo studiato, con quello che in teoria avrei dovuto fare nella vita. Dall’altro, sentivo una strana pressione: quel salto improvviso dall’università al mondo del lavoro mi faceva sentire un po’ spaesato, quasi come se stessi accelerando senza motivo.

Arriva un signore – o meglio, una persona sui 40 anni (non so mai come definire queste situazioni) – e mi chiede: "Tu sei qui per l'Academy?". Io, già agitato di mio, rispondo "Sì". Poi arriva subito la seconda domanda: "Che modulo affronterai?". Panico. Non ne avevo idea. Cerco di guadagnare tempo e dico, imbarazzato: "Un attimo, controllo l'email". Apro la mail, leggo e rispondo: "FICA". Lui mi guarda e dice "Ah, F-I-C-A", e io, con un filo di voce e il massimo imbarazzo: "Eh, sì...". Mi risiedo sul divanetto cercando di sparire. Quella persona diventerà una figura chiave per tutto il mio percorso lavorativo.

Dopo questo momento di disagio, saliamo tutti e cinque al sesto piano, dove inizia l’induction. Ci consegnano i PC, ci configurano tutto e ci presentano l’azienda. Nel frattempo, faccio amicizia con uno dei ragazzi, un certo Diego, con cui mi ritrovo a parlare parecchio. La giornata scorre veloce e, finito tutto, mi accorgo che anche lui abitava a Piazza Bologna. Per un colpo di fortuna, il suo amico era venuto a prenderlo in macchina, e così mi offrono un passaggio. Dopo appena un’ora che ci conoscevamo, ero già seduto in macchina con lui e il suo amico. Così, a caso.

Ci scambiamo i numeri e ci diamo appuntamento per il giorno dopo. L’Academy, infatti, non sarebbe stata in sede ma in un’altra struttura, il Seraphicum, vicino Laurentina. Decidiamo di andare insieme, e quella piccola connessione casuale è diventata il primo punto fermo di un’esperienza completamente nuova.

Da quel primo giorno, guardando indietro, mi rendo conto che alcune persone incontrate poi sono state fondamentali per il mio percorso. E chi lo avrebbe mai detto? È curioso come situazioni che all’inizio ti fanno sentire fuori luogo possano, col tempo, diventare i tasselli più importanti della tua crescita. Alla fine, sentirsi fuori posto in certi contesti è normale, ed è proprio quella sensazione che ti dice che stai entrando in qualcosa di nuovo, di inesplorato. E in fondo, che male c’è? Dipende se sei disposto ad accettarlo.

Ovviamente, ci sono fuori luogo e fuori luogo. Non mi verrebbe mai in mente di andare a ballare la salsa in un locale, per esempio quello è un fuori luogo che proprio non mi appartiene. Anche se…chissà. Magari un giorno mi ritroverò lì, e riderò al pensiero di quanto ero convinto che non facesse per me. Perché alla fine, tante cose che oggi considero mie sono iniziate proprio con un "non fa per me".

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LAVORO

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