Maggio 2025

Trasferta in Africa

La mia esperienza in Azule Energy

Quando lavoravo per Atos, una delle principali aziende di consulenza IT in Europa, non mi aspettavo che un giorno mi sarei ritrovato a lavorare su un progetto internazionale in Africa. Tutto è iniziato quasi per caso, a seguito della maternità di una collega: si è aperta un’opportunità, ho sostenuto un colloquio interno con il team leader, e da lì è partito un percorso che mi ha portato a far parte del team responsabile dell’implementazione di SAP Plant Maintenance (PM) per Azule Energy, una joint venture tra bp ed Eni con sede a Luanda, in Angola.

Per chi ha letto il mio articolo su cos’è SAP, saprà già che si tratta di un software gestionale utilizzato da tantissime aziende nel mondo per gestire ogni processo interno. Ecco, SAP non è un unico blocco, ma è fatto da tanti “moduli” diversi, ognuno pensato per una specifica area dell’azienda. Il modulo SAP PM (Plant Maintenance), di cui mi sono occupato in questo progetto, serve per gestire tutte le attività di manutenzione degli impianti: pianificazione degli interventi, gestione dei guasti, ordini di lavoro, monitoraggio degli asset industriali e molto altro. In poche parole, aiuta le aziende a non farsi mai trovare impreparate di fronte a un guasto o a un fermo macchina.

Nel nostro caso specifico, il progetto è stato realizzato per due piattaforme petrolifere operative al largo di Luanda, gestite da Azule Energy. Questo rendeva tutto ancora più delicato: stiamo parlando di impianti complessi, dove anche un piccolo errore può avere grandi conseguenze.

Questa esperienza è stata intensa, formativa e a tratti anche difficile. Non posso nasconderlo all’inizio ero un po’ spaesato. Era la mia prima volta su un modulo SAP che non conoscevo, perciò mi sono buttato a capofitto in corsi e documentazioni... ho passato le prime settimane cercando di capirci il più possibile. Poi è arrivata la parte più “tosta”: la migrazione dei dati, cioè il trasferimento di tutte le informazioni tecniche e operative delle due piattaforme petrolifere di Azule Energy nel nuovo sistema SAP. Una cosa che sembra astratta, ma è fondamentale perché se i dati sono sbagliati, tutto il sistema rischia di non funzionare. È stato un lavoro enorme, che ho condiviso con un mio collega, che nel tempo è diventato un grande amico. Anche oggi, pur lavorando in due aziende diverse, ci vediamo spesso, non per forza per lavoro: è una di quelle amicizie nate nei momenti di fuoco e cementate nel tempo.

Già da luglio mi avevano avvisato che con ogni probabilità sarei dovuto partire per l’Africa. Così, tra preparativi e un bel po’ di ansia, mi sono fatto ben cinque vaccini e a ottobre sono volato a Luanda. Appena atterrato, ho capito subito che mi trovavo in un altro mondo. L’insicurezza si respirava nell’aria era sconsigliato uscire da soli, anche solo per fare due passi attorno all’hotel. Ogni spostamento, anche il più banale, come andare dall’hotel all’ufficio, doveva essere organizzato con i nostri assistenti locali. Da soli, semplicemente, non ci si poteva muovere. Eppure, nonostante tutto questo, siamo riusciti a darci un ritmo. Lavoravamo senza sosta per 12 o 13 ore al giorno e la sera tornavamo in hotel distrutti. Ma c’era sempre un piccolo momento di conforto una cena buonissima nell’hotel di lusso dove alloggiavamo, in un contrasto fortissimo con le baracche che lo circondavano. Quello era il nostro momento per tirare il fiato, farci due risate, commentare la giornata e prepararci al giorno dopo. In tutto questo ambaradan abbiamo stretto un bel legame con un ragazzo di Azule con cui lavoravamo a stretto contatto ogni giorno. Grazie a lui, abbiamo iniziato a vedere Luanda con occhi diversi. Ci ha aiutato con le piccole cose pratiche, come fare la SIM locale, ma soprattutto ci ha accompagnato in giro, facendoci scoprire angoli e realtà che da soli non avremmo mai potuto conoscere. Una sera, una manager di Azule ci ha persino portati a un concerto di un cantante angolano molto popolare. È stato un momento surreale. Esperienze così ti fanno capire quanto anche in contesti professionali possano nascere relazioni sincere, che vanno ben oltre il progetto a cui stai lavorando.

Oltre al lavoro, portavo avanti anche il mio percorso universitario, cercavo di studiare nelle poche ore libere che avevamo. Non è stato facile, anzi. Ricordo perfettamente un paio di giorni in cui ho avuto una vera e propria crisi, mi sentivo sopraffatto da tutto, stanco, fuori posto, con l’unico desiderio di tornare a casa. Ma poi, come spesso accade quando superi quel punto critico, qualcosa cambia dentro di te. Ti adatti, trovi un nuovo equilibrio e riesci persino a goderti l’esperienza. E pensare che lì ogni giorno era una sfida anche per le piccole cose: non potevi bere l’acqua sotto la doccia, dovevi lavarti i denti con le bottigliette d'acqua, niente bevande se non ermeticamente chiuse, verdure crude bandite, Autan addosso ogni due ore per proteggerti dalla malaria… un continuo stato di allerta, mille piccole ansie quotidiane. Eppure, se oggi mi chiedessero se ci tornerei, risponderei sì, senza esitazioni. Perché certi viaggi, anche se faticosi, ti cambiano dentro.

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LAVORO

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